La professoressa Alessandra Catalano, docente di Arte di questa nostra scuola, avendo diversi collegamenti con il Cile ed avendoci recentemente trascorso un soggiorno, ci ha aiutato a capire meglio come oggi si vive la desaparicion, cosa ne sanno e cosa ne vogliono sapere i cileni.
Alessandra, che ringraziamo molto per la sua disponibilità, ha pensato di farsi scrivere anche una lettera da una sua amica cilena e da lì parte per arricchire il suo intervento con tante informazioni e considerazioni personali.
Ecco cosa dice Alessandra Catalano:
Ho chiesto ad una amica cilena di raccontarmi qualcosa per voi e questo è quello che mi ha risposto.
Scusate la forma ma è una traduzione dallo spagnolo fatta da me !!
“…Sul tema dei detenuti desaparecidos non ho letto il libro (Il Vento di Santiago) che menzioni…, i desaparecidos in Cile nell’epoca della dittatura sono moltissimi (la Commissione istituita nel 1990 dal presidente Aylwin arrivò a contarne almeno 2229), la maggior parte non sono stati individuati, si sa che furono sepolti in luoghi clandestini e in molti casi successivamente i corpi vennero rimossi , spostati in altro luogo o semplicemente buttati in mare. E’ un tema orrendo che permane nella nostra memoria. Ci sono anche stati casi nei quali le ossa non furono ben identificate: il caso del patio 29, nel cimitero generale, erano fosse comuni. Ai familiari vennero finalmente certificate le identità dei loro morti , ma successivamente gli venne notificato che i corpi non corrispondevano a quelli dei loro familiari. Fu uno scandalo tremendo questa confusione, perché la gente aveva realizzato i rispettivi funerali e chi era stato sepolto non corrispondeva al suo familiare.
Come puoi vedere questo è un tema spaventoso, all’inizio della dittatura si negarono questi fatti, semplicemente non si diceva nulla e alle donne che domandavano dove fosse il proprio marito le rispondevano che era scappato con un’altra donna.
Ritrovare i corpi nascosti è stato molto difficile perché i militari e i diversi organismi di sicurezza e repressione che operarono in Cile non hanno voluto fornire le informazioni e hanno nascosto ciò che è avvenuto in tutti questi anni…” ( Mane )
Farei un paio di considerazioni : quello che racconta è molto poco preciso ma questo è quello che conoscono i cileni che ai tempi della dittatura avevano circa 20 anni. La storia dei ritrovamenti, delle amnistie, delle torture…è lunghissima e il popolo cileno è diviso in due : da una parte c’è chi vuole dimenticare e dall’altra chi vuole che la verità emerga e che chi deve pagare per i crimini paghi.
Esistono molti siti web, con diffusione mondiale quindi, per informare e raccogliere testimonianze e in Cile esistono luoghi della memoria , in ricordo dei desaparecidos e non solo dei desaparecidos.
Nel 2004 nella città di Santiago Villa Grimaldi, proprietà privata confiscata dalla DINA ( Direccion de Inteligencia Nacional) dopo il colpo di stato, è stata dichiarata monumento nazionale con il nome parco per la pace , riconoscendo formalmente la sua rilevanza per la memoria del Cile contemporaneo e per le future generazioni .Luogo di memoria e ciò allude all’intolleranza e alla crudeltà ma anche alla lotta per la verità e la riparazione.
Tra il 1973 e il 1978 durante la dittatura militare questo luogo venne usato come centro di sterminio e di tortura dallo Stato.
Si calcola che circa 4500 prigionieri politici passarono in questo carcere segreto e si sa che 229 sono stati uccisi o sono desaparecidos. Nel 1994 , dopo molte pressioni sociali, terminò la clandestinità della Villa Grimaldi : la comunità scoprì che tutto era stato distrutto ed anche buona parte delle prove. I nomi delle vittime di Villa Grimaldi oggi sono ricordate nel Muro della Memoria , riportate su una lastra di metallo fissata ad un muro.
E’ una superficie di 10.200 mq costituita da giardini , alberi centenari , sculture e fontane.
Il lavoro artistico raccoglie lo sguardo dei prigionieri : era pratica comune che fossero bendati per non riconoscere i carcerieri e quindi potevano conoscere solo frammenti di ciò che stava intorno . La realtà frammentata venne rappresentata da tutti gli artisti, specialmente a livello di pavimentazione, con pezzetti di ceramica e così anche la segnaletica.
Nel 1997 con una cerimonia insieme ai familiari delle vittime il portone di accesso a villa Grimaldi venne chiuso per sempre perché nessuna persona passasse di lì e la chiave la conserva un sacerdote che si è impegnato molto per la ricostruzione del Parco.
Tra le specie della flora cilena piantade per costruire il Parco , si è mantenuto un antico Ombù. I rami molto robusti di questo albero furono usati dai torturatori per appendere le persone. L’alberò sopravvisse alla distruzione del luogo e oggi lo si chiama, in accordo con il significato originario nella lingua nativa della Pampa argentina, Albero della Speranza.
Le donne incarcerate e desaparecidas , assassinate dalla violenza politica della dittatura militare , vengono ricordate da un roseto . Ogni rosa ricorda con una targa il nome di una donna vittima. Una targhetta senza nome rende omaggio alla donna vittima sconosciuta.
C’era un laboratorio fotografico e un piccolo edificio utilizzato dalla DINA per falsificare documenti, identità usate da chi operava lì.
La piscina che faceva parte della villa, nella sua struttura originaria, veniva utilizzata dai militari e torturatori per i momenti di svago. La DINA la utilizzò anche per torturare e occultare i prigionieri durante le visite di ispezione della Croce rossa Internazionale e o di altri organismi internazionali.
Per concludere tra gli altri monumenti … il Monumento Rieles de Quintero.
Rieles sono i binari che venivano usati come ancore alle quali legare i corpi dei prigionieri, per nascondere l’evidenza dei delitti commessi, ritrovati nel fondo del mare della Baia Quintero .
L’ho visitata e quello che è rimasto nella mia memoria non sono gli orrori quanto la speranza, meglio la fiducia nell’ intelligenza, sensibilità dell’umanità e di quanto è importante il contributo di ognuno di noi , la nostra responsabilità perché questo non avvenga mai più…né in Cile né in nessuna altra parte del mondo .
Alessandra Catalano